micro-storie
dal greto levigato ascende
autunnale cantilena a sfibrare braccia
legnose disadorne:
tra cuspidi sperdute svola
malinconia trasuda dal sasso
a strati tenace intridendo anima
spaesata: cielo corrusco
prelude a sagra di burrasche:
impallidiscono delle case antiche
i tetti e i gerani sui terrazzi
– via Roma a fiancheggiare –
edificate da mani indurite
e da tempo trapassato
(recita architrave: A.D. 1868)
io sono abitante a pencolare
tra presente e passato qui
dove vidi – albeggiando
a Campaiaio – la mia prima luce:
ogni passo è memoria:
delle voci amiche m’abbraccia l’eco
in circondario quasi immutato
oggi ha battuto lungamente a lutto
la campana: un’assenza si nota
se la gente si conta sulle dita:
porto sul mio petto un’altra croce
di sotto loco già straziato
cigola – percosso dalla tramontana –
l’uscio semiaperto dell’inverno:
nel buio della notte nel silenzio
spaurendo tenderò l’orecchio
alla filastrocca del mio Reno
– una perenne fola rimembrando
e alla abbuiata finestrella
– un fiore nell’alveo ri-spuntando
terrò acceso un lume vigilando
IL LIMPIDO
DI NOI
Voltandoti,
nel grigio del mattino,
mentre
scorre il viavai di volti e giorni,
mi domandi
l’essenza delle cose:
se ci sarà
latino in terza prova,
se il
Barcellona batterà la Juve,
se puoi
andare in bagno, se davvero
ce la
farai ad arrivare in fondo.
Cose così,
il nostro quotidiano
da nulla,
il nostro show senza pretese.
Poco o
pochissimo, lo so: mi chiedi un senso
per questo
nostro camminarci a fianco.
Se credo
nel destino, se domani
il limpido
di noi rimanga ancora
oltre la
notte, oltre la stessa aurora.
E quali
cime, quali abissi possa
toccare
mai il vertice di un’anima.
Quali
pene. Mi chiedi una parola.
Avessi un
segno, un sogno da lasciarti,
una
formula, un punto, o che so io,
un
semaforo, un cartello di divieto.
Sarebbe
già qualcosa. Invece, niente.
Ho solo il
malsicuro d’una frase,
l’imperfezione
d’un endecasillabo.
Balbetto
verità che non capisco
appieno.
Poca roba. Ci rimane
forse il
filo di voce che accompagna
i nostri
passi sulle mattonelle
del
corridoio, qualche terza rima,
la luce verde del tuo sguardo chiaro.
Mal
d’agosto
Il dolore
sul foglio/ è seduto qui accanto a me/ e le parole nell'aria sono parole a metà[1]
Non so
aspettare che una stella
decida di
cadere per me,
di
tuffarsi nella mia gravità ed emergere come angelo,
di
parlarmi, per fuggire insieme la paura,
il gioco
arcano della vita,
quel male
che rende l’universo un affanno
lontano
dall’estate.
Col naso
all’insù,
immagino
incontri e cicatrici,
traiettorie
che si snodano come serpenti,
corrispondenze
e ritardi,
assenze a
cui dedichiamo una vita, per dare un nome,
imitazioni
e silenzi,
speranze
in cui ci cerchiamo.
Non c’è
una verità, nella mano celeste.
Il giorno
brucia come la ripetizione di un’attesa
sul
sagrato che tace,
la notte
raffredda le costellazioni della parola
sulla
croce del mare.
Ci sono
storie che si lasciano annaffiare d’amore.
L’ombra
della mia sedia stringe il pianto,
l’asse del
cuore a metà.
Sono sogni
le rivoluzioni carnali dell’eterno,
metamorfosi
di confini e abbandono,
il tempo
che cura.
Non posso
aspettare che qualcuno venga a salvarmi.
[1] La notte, Arisa
La linfa vola
Verranno
innumerevoli brame
e
nell'ora della seduzione
chi
non sarà pronto si perderà
La
tentazione è una prova:
svela
ciò che è oro schietto
di contro a ciò che è scoria
Verranno
dolori e malanni
e
al culmine del tormento
chi
non sarà pronto si perderà
La
sofferenza è un cimento:
divide
ciò che è incompiuto
da
ciò che è luce di zaffiro
Per chi cede e chi vince
al culmine dell'affanno
qualcuno verrà a spezzare
il ramo ormai appassito
La
linfa, comunque, vola
Ripiomba
nella terra
o
sale lesta verso il sole
Cielo
basso, cielo alto
menzione speciale
sezione A
poesia inedita adulti
Aegio D'Angelo
Verso quale silenzio guardano le ortiche.
Stanco di attraversare
stagioni sfiorisco dall’altro capo del filo
e le ferite da sempre restie a svelare volti,
a vista d’occhio
balbettano dialoghi ormai stanchi.
I fiori hanno dismesso le corazze
cosi anche un sorriso può tagliare le vene.
Senza darci scampo i ciclamini ritardano a riordinare casa
e le primavere dimenticate dentro i cappotti,
si spiaggiano senza uscirmi dal petto.
Non parliamo più, la palude pareggia il conto
ad ogni parola che dà la schiena alla cena.
Dove stiamo andando,
verso quale silenzio guardano le ortiche!
Oggi c’è il sole, mani senza argomenti
giocano a sorte con l’attesa, che senza prospettiva accumula
polvere nel cuore.
Sono tornati i primi segnali d’estate nei vasi,
e intorno a noi - balconi posati di spalle
e calzini spaiati.
Madre
Madre, poco tempo da conservare.
Come marmellate sottovuoto, il nostro scontento, lo discerniamo in
silenzio girando il coperchio.
Ho in barba le nuvole oggi, ma non me ne lamento.
Credono sia loro e invece sono tua
nel pallore e nel cipiglio
in tutte le sfumature delle cose più bluastre e più vermiglie
che seccano in un grido, se si cerca di fermarle.
Se ne sentono parecchie sulla pelle certi giorni
che quindi si rizza, si disfa, si fa di squame di serpente.
Cambio troppo velocemente quaggiù, fa inverno due volte l’anno
ma la tregua sarà data a messa
quando entrambe guarderemo il fuoco, nel petto del prete, nel centro
dell’ostia.
La
parola
La parola è
una scheggia nel vento
passa inosservata ma ti colpisce
leggera come una foglia
intrepida come un leone
porta le armi della distruzione.
Abbatte la corazza
naviga nella mente
rende vulnerabili
è così che ad un soffio
sei già a terra.
La parola è un inganno
la parola ti intrappola.
E così che parlando parlando
vien fuori il teatro
una marea di parole
parole vaghe, parole pesanti,
parole che non son parole
personaggi: principali, secondari
una recita senza fine.
La parola ci sovrasta
la parola è un compromesso
tra ciò che sei e ciò che gli altri
vogliono che tu sia.
passa inosservata ma ti colpisce
leggera come una foglia
intrepida come un leone
porta le armi della distruzione.
Abbatte la corazza
naviga nella mente
rende vulnerabili
è così che ad un soffio
sei già a terra.
La parola è un inganno
la parola ti intrappola.
E così che parlando parlando
vien fuori il teatro
una marea di parole
parole vaghe, parole pesanti,
parole che non son parole
personaggi: principali, secondari
una recita senza fine.
La parola ci sovrasta
la parola è un compromesso
tra ciò che sei e ciò che gli altri
vogliono che tu sia.
2° classificato
sezione B
poesia inedita under 21
Luca Marinaro
Nota a margine
Di un testo indecifrabile.
Un unico lettore e
Un unico ispiratore.
Poesia semimorta
Che implora eutanasia
Dal tempo.
Lettere, di un alfabeto
Dimenticato, compongono
Uno dei testi
Più belli che l'uomo
Abbia mai creato.
Indecifrabile fascino suscitano
Quei segni impressi su carta di
Destino.
In una teca soggiorna
La verità che gridi.
Nessuno
Può udire l'Ipnotico canto con
Cui conquistasti
Eroi d'oltremondo.
Nessun
Umanista riuscirà
A spingerti fuori dall'oscuro
Antro in cui
Ignoranza nostra ti
Cacciò.
Analisi al Carbonio-14 non
Spiegheranno mai i moti d'animo
Che mi procurasti quel giorno
In cui ti scrissi:
Vita Mia, sei il mio unico capolavoro.
3° classificato
sezione B
poesia inedita under 21
Francesca Cozza
Il filo, sul quale mi
trovo
Vivendo pensavo:
togliendo gli strati
denudando la piccolezza di questa sinistra pletora
non esiste qualcosa di fatto e finito
che resti terso, fatto e finito
Togliendo gli strati
l'ultimo osso è la malinconia
spogliata della carne, dell'abbondanza, dell'involucro
certa sarà sempre la malinconia che cerca consolazione
in un passato o in futuro
in una linea del tempo che non esiste.
La noia?
Pensare in consapevolezza
e non farsi bastare la vanità
Allora il vivere?
Insiste a incedere sul filo, sul quale mi trovo, un delirio:
a divenire d'un
tratto inconcludente, sciocca, voluttuosa, dissidente
sfiancata, annoiata dallo scoprirmi in bilico su un filo
aspettando con precisione d'orologio la tragedia, il finale.
menzione speciale
sezione B
poesia inedita under 21
Marsia Aliu (10 anni)
Marsia Aliu (10 anni)
Dentro la nebbia,
è tutto buio, mi chiude
gli occhi, e mi fa vedere
dentro lei.
Mi ritrovai
In un velo di zucchero.
Era come nuotare
In un mare di panna.
Stavamo ballando
Nelle nuvole di zucchero
filato
Alberi crescevano lenti.
L’erba sapeva di menta,
le montagne coperte come
un mantello di cioccolato.
Il sole era come una caramella
Gommosa, gialla di luce.
Le case simili a castelli di
fumo.
Il nostro mondo dentro la
nebbia.
menzione speciale
sezione B
poesia inedita under 21
Sofia Siccardi
Gravità
La
gravità non è l’amore,
non
è odio,
non
è una mela,
non
è un albero.
È il
pensiero, un’emozione che gli esseri umani danno alle proprie idee.
Con
arpioni cercano di forzare il futuro,
ma
proprio con essi che bisogna aggrapparsi ai bei ricordi,
cioè
al passato.
Scoprendo
cose nuove,
non
è più la gravità,
ma
una persona che con il suo animo
ti
tiene con i piedi per terra:
è la
gravità dell’amore.
Cenere del tempo
Bisognerebbe definire il
limite del cielo,
controllare quante volte
il sole si nasconde
dietro le nuvole, quante
volte piove.
Non si ferma il suono
ancora acerbo della mattina,
sulla mia pelle si
formano strati di passato
che tornano, purché io li
rimugini senza fiato.
Non posso ricordare ciò
che è stato
senza distruggere ciò che
è.
Ci dev’essere un’unica
soluzione, o
continuerò a perdere
l’equilibrio sul vento.
Ne deduco forme fuori dal
margine,
sovrastano la propria
fragilità, corrono via.
All’improvviso perdo il
segno, scompare piano
sotto i miei occhi, la
scelta migliore che possa fare.
Le scorie dell’anima si
spezzano, fino a diventare
Cenere del tempo.
L'ossessione
di un'illusione
Ossessione
di polveri
sottili,
quanto lo scheletrico
braccio
di quel personaggio
tanto
magro e consumato,
con
la voce senza fiato.
Inalare
quella roba
non
fa proprio al caso mio,
e a
vederla di continuo
perde
pure d'interesse.
Tra
un telefono e
una
scheda, questa gente
ci
si perde; certo è strano
quanti
possibili percorsi
si
ha il permesso
di
solcare, avendo poi
l'illusione
che su una tavola da surf
saremo
noi a controllare il mare.
PENNA NERA
Il castigo degli scrittori,
un rogo nelle viscere
che non puoi estinguere
e non puoi ignorare,
ma assetato di sollievo,
devi sputarlo fuori,
anche se trascinerà con sé
un frammento del tuo intimo
coltivato nella solitudine,
ora giudicato, criticato, elogiato
ma tu dovevi solo liberartene,
rendendo il veleno inchiostro.
Perché la maledizione
non è non riuscire più a scrivere
ma non poterne fare a meno.
Per questo mi trovo qui,
la penna scorre sul foglio
macchiandone la verginità,
al prezzo del mio pudore.
Chimere
Ride
la terra sotto la pioggia arrabbiata,
dal
calamaio dei poeti
con
delle impronte dei lampi dissoluti
scorrono
parole venute come dai merli di pietra
supplicando
clemenza ai nostri occhi - veri sentieri fra le albe dispari.
Alle
porte di terra le spade che tengono le lame nella guaina
dipanano
con la loro punta amputata i gomitoli delle offerte,
da
una parte tiene l’ombra tradita dal tempo
dall’altro
tirano le chimere indebolite di poteri,
il
capo è un giudice troppo avido per i tempi di crisi
misurando
la distanza come un vero toreador,
solo
alla raccolta dei sudori è andato!
Crescono
i nostri tormenti! Crescono...
Certo che i vetri delle
porte del bar a La Quiete,
potrebbero anche pulirli,
ogni tanto!
Non ti viene nemmeno voglia di guardare dentro
e, credo, a chi è dentro
sia passata anche la voglia
di guardare fuori.
Ma forse non è un caso,
forse lo fanno di proposito,
un modo come un altro per travisare la realtà.
Come anche vedere
quella vecchia decorazione
natalizia,
lì, sopra la porta,
adesso, che è piena estate.
Camera
Un tempo correvi per non farti lasciare
indietro dai raggi di sole, adesso
occhi fissi in mezzo al cieco
sussurrare della luce,
tieni il mio corpo ritto,
fiducioso, le labbra
risvegliate al sapore
di cristalli disciolti,
ad ascoltare il sibilo
e lo scricchiolio, per avvolgermi
arrancando sulla traccia
appena illuminata – convocati
al profondo, la guida
ci ha portati dentro da lontano
non accetta rifiuto, l’ascensore
ingrana per risalire in superficie.
La lezione del scrivere
La nostra vita scorre
sotto il peso del cielo
più profonda delle oscurità
degli oceani,
La solitudine fa stendere
le corde nelle foreste,
Le grotte fanno suonare i
pianoforti,
a volte la luna passa
e la storia della terra
si fa canzone.
Dai mari senza fine e
dal mondo senza sogni e
dal suono del tempo
si fa la voce del niente.
Il poeta sussura la canzone
che l'animo
canticchia
con la sua voce.
Il verso dai colori
ricrea il fiore
collocandolo nel cammino di
Dio
per farlo uccello.
La gente lo guarda volare.
E si mette a pensare.
menzione speciale
sezione C - poesia inedita straniera
Enea Gela - Romania
è duro
essere donna
soprattutto una donna incinta
la
nausea si insinua in te e nelle cose
che
tocchi
la
stanchezza ti fa prigioniera del sonno dall’unico incubo
- non poter partorire dio tutto intero -
oggi/
una mano
domani/
gli occhi
dopodomani/
il cuore
e
sempre così
lui non
piange alla nascita come un bambino sano
come metterlo al seno come chiamarlo
e se lo
vuoi cullare
come si
fa ?
è duro
essere donna
affondi
nelle acque
il giro
del minuto di malessere è lo stesso
a volte
accadono aborti
la tua respirazione cambia in bolle che
scoppiano
paghi
per il
latte che preme nei capezzoli
paghi
per la
voglia di tenere nelle braccia qualcuno
paghi
perché sei donna
e non puoi partorire dio tutto intero
Da anni i libri esprimono il suo valore.
A volte la penna della
filosofia descrive con maestria
dell’arte,
dell’architettura, delle invenzioni
che senza paragoni ha
cambiato il volto del mondo
e ha dato un colore
nuovo anche al cielo.
Io cercavo in quel
cielo
la mia stella che i
libri non devono più raccontare la lingua deve recitare.
È una patria dove
l’acqua ruba il sonno negli occhi.
È una patria dove
l’aria fa pronti i seni per mille respiri in un secondo.
È una patria che
attrae ogni sguardo per la sua bellezza.
È una patria che fa
parlare il muto che ha mille parole nel cuore.
È una patria che fa
innamorare chi non ha ancora incontrato l’amore.
È una patria dove le
donne cancellano lo sguardo con la purezza del cuore
e la bellezza del
viso.
È una patria di uomini
ai quali tutto il mondo è grato per ciò che hanno fatto nel tempo.
È una patria che
quando la vedi ti perdi, la terra non è piatta, ma un’altalena di pianure,
colline e montagne, fiumi, aghi e mari, sempre diversa ma per sempre
tranquilla.
È una patria dove la
grandezza del cuore diventa piccola al suo incontro
e le parole rompono i
muri e la sua porta e fanno nuvole forti,
come gli scudi ma più
dolci della brezza del mattino,
come uccelli delusi ma
liberi di volare, come gocce infetti di noi
ma capaci di generare
vita sulla terra,
come stelle nascoste
ma luminose come le stelle cadenti.
È una patria da amare.
Per chi è nato nella
conoscenza e nell’arte.
Per chi è diventato
vagabondo per la libertà.
Per chi ha chiesto il
paradiso sulla terra.
Per chi ha detto addio
all’inferno della guerra.
Sei una grande
patria
Lo so che le mie
parole in confronto a te sono piccole come una goccia nel mare.
Ma amo dire che io sono
una goccia e tu il mare, perché le gocce vogliono aggiungersi al mare,
non il
mare alle gocce.
menzione speciale
sezione C - poesia inedita straniera
Ioan Grapinoiu - Romania
Guarda come nevica, come un segno
Di gioia per i bambini
L’acqua diventata bianche cristalle
Dal freddo dell’autunno tardivo ...
E’ tempo della melanconia che lascia
Sul viso un sorriso o no
E l'aroma di una torta matura nel focolare,
Vieni qui, divertiti.
Prendiamo una tazza di tè, mangiamo una mela cotogna,
Una mela, forse una noce
O un bacio
Con gusto del... partire
Complimenti a tutti. Un abbraccio
RispondiElimina