Poesie vincitrici 2018


micro-storie
                                              
                            dal greto levigato   ascende
                            autunnale cantilena a sfibrare  braccia
                            legnose   disadorne:
                            tra cuspidi sperdute svola
                            raminga   ala spiumata  
                                               malinconia trasuda   dal sasso
                                               a strati   tenace  intridendo  anima
                                               spaesata: cielo corrusco
                                               prelude a sagra di burrasche:     
                                               impallidiscono delle case antiche
                                               i tetti  e i gerani sui terrazzi     
                                               – via Roma a fiancheggiare –
                                               edificate da mani indurite
                                               e da tempo trapassato
                                               (recita architrave: A.D. 1868)


                           
                            io sono abitante a pencolare
                            tra presente    e passato   qui
                            dove vidi   – albeggiando
                            a Campaiaio – la mia  prima luce:   
                            ogni passo è  memoria:
                            delle voci amiche m’abbraccia l’eco
                            in circondario quasi immutato
                                               oggi ha battuto lungamente a lutto
                                               la campana: un’assenza si nota
                                               se la gente si conta sulle dita:
                                               porto sul mio petto un’altra croce
                                               di sotto loco già straziato
                            cigola – percosso dalla tramontana –
                            l’uscio semiaperto dell’inverno:
                            nel buio della notte   nel silenzio
                            spaurendo   tenderò l’orecchio
                            alla filastrocca del  mio  Reno
                            – una perenne fola  rimembrando
                            e alla abbuiata finestrella
                            – un fiore nell’alveo  ri-spuntando

                            terrò  acceso un lume   vigilando




IL LIMPIDO DI NOI
Voltandoti, nel grigio del mattino,
mentre scorre il viavai di volti e giorni,
mi domandi l’essenza delle cose:
se ci sarà latino in terza prova,
se il Barcellona batterà la Juve,
se puoi andare in bagno, se davvero
ce la farai ad arrivare in fondo.
Cose così, il nostro quotidiano
da nulla, il nostro show senza pretese.
Poco o pochissimo, lo so: mi chiedi un senso
per questo nostro camminarci a fianco.
Se credo nel destino, se domani
il limpido di noi rimanga ancora
oltre la notte, oltre la stessa aurora.
E quali cime, quali abissi possa
toccare mai il vertice di un’anima.
Quali pene. Mi chiedi una parola.
Avessi un segno, un sogno da lasciarti,
una formula, un punto, o che so io,
un semaforo, un cartello di divieto.
Sarebbe già qualcosa. Invece, niente.
Ho solo il malsicuro d’una frase,
l’imperfezione d’un endecasillabo.
Balbetto verità che non capisco
appieno. Poca roba. Ci rimane
forse il filo di voce che accompagna
i nostri passi sulle mattonelle
del corridoio, qualche terza rima,

la luce verde del tuo sguardo chiaro.








Mal d’agosto

Il dolore sul foglio/ è seduto qui accanto a me/ e le parole nell'aria sono parole a metà[1]

Non so aspettare che una stella
decida di cadere per me,
di tuffarsi nella mia gravità ed emergere come angelo,
di parlarmi, per fuggire insieme la paura,
il gioco arcano della vita,
quel male che rende l’universo un affanno
lontano dall’estate.

Col naso all’insù,
immagino incontri e cicatrici,
traiettorie che si snodano come serpenti,
corrispondenze e ritardi,
assenze a cui dedichiamo una vita, per dare un nome,
imitazioni e silenzi,
speranze in cui ci cerchiamo.

Non c’è una verità, nella mano celeste.

Il giorno brucia come la ripetizione di un’attesa
sul sagrato che tace,
la notte raffredda le costellazioni della parola
sulla croce del mare.

Ci sono storie che si lasciano annaffiare d’amore.

L’ombra della mia sedia stringe il pianto,
l’asse del cuore a metà.

Sono sogni le rivoluzioni carnali dell’eterno,
metamorfosi di confini e abbandono,
il tempo che cura.

Non posso aspettare che qualcuno venga a salvarmi.

  


[1] La notte, Arisa




La linfa vola

Verranno innumerevoli brame
e nell'ora della seduzione
chi non sarà pronto si perderà

La tentazione è una prova:
svela ciò che è oro schietto
di contro a ciò che è scoria

Verranno dolori e malanni
e al culmine del tormento
chi non sarà pronto si perderà

La sofferenza è un cimento:
divide ciò che è incompiuto
da ciò che è luce di zaffiro

Per chi cede e chi vince
al culmine dell'affanno
qualcuno verrà a spezzare
il ramo ormai appassito

La linfa, comunque, vola
Ripiomba nella terra
o sale lesta verso il sole

Cielo basso, cielo alto



menzione speciale
sezione A
poesia inedita adulti
Aegio D'Angelo



Verso quale silenzio guardano le ortiche.         


Stanco di attraversare  stagioni sfiorisco dall’altro capo del filo
e le ferite da sempre restie a svelare volti,
a vista d’occhio
balbettano dialoghi ormai stanchi.

I fiori hanno dismesso le corazze
cosi anche un sorriso può tagliare le vene.

Senza darci scampo i ciclamini ritardano a riordinare casa
e le primavere dimenticate dentro i cappotti,
si spiaggiano senza uscirmi dal petto.

Non parliamo più, la palude pareggia il conto
ad ogni parola che dà la schiena alla cena.

Dove stiamo andando,
verso quale silenzio guardano le ortiche!

Oggi c’è il sole, mani senza argomenti
giocano a sorte con l’attesa, che senza prospettiva accumula
polvere nel cuore.

Sono tornati i primi segnali d’estate nei vasi,
e intorno a noi - balconi posati di spalle

e calzini spaiati.













Madre

Madre, poco tempo da conservare.
Come marmellate sottovuoto, il nostro scontento, lo discerniamo in silenzio girando il coperchio.

Ho in barba le nuvole oggi, ma non me ne lamento.
Credono sia loro e invece sono tua
nel pallore e nel cipiglio
in tutte le sfumature delle cose più bluastre e più vermiglie
che seccano in un grido, se si cerca di fermarle.

Se ne sentono parecchie sulla pelle certi giorni
che quindi si rizza, si disfa, si fa di squame di serpente.

Cambio troppo velocemente quaggiù, fa inverno due volte l’anno
ma la tregua sarà data a messa
quando entrambe guarderemo il fuoco, nel petto del prete, nel centro dell’ostia.











La parola

La parola è una scheggia nel vento
passa inosservata ma ti colpisce
leggera come una foglia
intrepida come un leone
porta le armi della distruzione.
Abbatte la corazza
naviga nella mente
rende vulnerabili
è così che ad un soffio
sei già a terra.
La parola è un inganno
la parola ti intrappola.
E così che parlando parlando
vien fuori il teatro
una marea di parole
parole vaghe, parole pesanti,
parole che non son parole
personaggi: principali, secondari
una recita senza fine.
La parola ci sovrasta
la parola è un compromesso
tra ciò che sei e ciò che gli altri
vogliono che tu sia.





2° classificato
sezione B
poesia inedita under 21

Luca Marinaro 


Nota a margine
Di un testo indecifrabile.
Un unico lettore e
Un unico ispiratore.

Poesia semimorta
Che implora eutanasia
Dal tempo.
Lettere, di un alfabeto
Dimenticato, compongono
Uno dei testi
Più belli che l'uomo
Abbia mai creato.
Indecifrabile fascino suscitano
Quei segni impressi su carta di
Destino.
In una teca soggiorna
La verità che gridi.

Nessuno
Può udire l'Ipnotico canto con
Cui conquistasti
Eroi d'oltremondo.
Nessun
Umanista riuscirà
A spingerti fuori dall'oscuro
Antro in cui
Ignoranza nostra ti
Cacciò.

Analisi al Carbonio-14 non
Spiegheranno mai i moti d'animo
Che mi procurasti quel giorno
In cui ti scrissi:
Vita Mia, sei il mio unico capolavoro.


3° classificato
sezione B
poesia inedita under 21
Francesca Cozza

Il filo, sul quale mi trovo

Vivendo pensavo:
togliendo gli strati
denudando la piccolezza di questa sinistra pletora
non esiste qualcosa di fatto e finito
che resti terso, fatto e finito
Togliendo gli strati
l'ultimo osso è la malinconia
spogliata della carne, dell'abbondanza, dell'involucro
certa sarà sempre la malinconia che cerca consolazione
in un passato o in futuro
in una linea del tempo che non esiste.
La noia?
Pensare in consapevolezza
e non farsi bastare la vanità
Allora il vivere?
Insiste a incedere sul filo, sul quale mi trovo, un delirio:
 a divenire d'un tratto inconcludente, sciocca, voluttuosa, dissidente
sfiancata, annoiata dallo scoprirmi in bilico su un filo
aspettando con precisione d'orologio la tragedia, il finale.


menzione speciale
sezione B
poesia inedita under 21
Marsia Aliu (10 anni)


Dentro la nebbia,
è tutto buio, mi chiude
gli occhi, e mi fa vedere dentro lei.
Mi ritrovai
In un velo di zucchero.
Era come nuotare
In un mare di panna.
Stavamo ballando
Nelle nuvole di zucchero filato
Alberi crescevano lenti.
L’erba sapeva di menta,
le montagne coperte come
un mantello di cioccolato.
Il sole era come una caramella
Gommosa, gialla di luce.
Le case simili a castelli di fumo.

Il nostro mondo dentro la nebbia.

menzione speciale
sezione B
poesia inedita under 21
Sofia Siccardi

Gravità

La gravità non è l’amore,
non è odio,
non è una mela,
non è un albero.
È il pensiero, un’emozione che gli esseri umani danno alle proprie idee.

Con arpioni cercano di forzare il futuro,
ma proprio con essi che bisogna aggrapparsi ai bei ricordi,
cioè al passato.

Scoprendo cose nuove,
non è più la gravità,
ma una persona che con il suo animo
ti tiene con i piedi per terra:

è la gravità dell’amore.





Cenere del tempo



Bisognerebbe definire il limite del cielo,

controllare quante volte il sole si nasconde
dietro le nuvole, quante volte piove.
Non si ferma il suono ancora acerbo della mattina,
sulla mia pelle si formano strati di passato
che tornano, purché io li rimugini senza fiato.
Non posso ricordare ciò che è stato
senza distruggere ciò che è.
Ci dev’essere un’unica soluzione, o
continuerò a perdere l’equilibrio sul vento.
Ne deduco forme fuori dal margine,
sovrastano la propria fragilità, corrono via.
All’improvviso perdo il segno, scompare piano
sotto i miei occhi, la scelta migliore che possa fare.
Le scorie dell’anima si spezzano, fino a diventare
Cenere del tempo.




L'ossessione di un'illusione

Ossessione di polveri
sottili, quanto lo scheletrico
braccio di quel personaggio
tanto magro e consumato,
con la voce senza fiato.

Inalare quella roba
non fa proprio al caso mio,
e a vederla di continuo
perde pure d'interesse.

Tra un telefono e
una scheda, questa gente
ci si perde; certo è strano
quanti possibili percorsi
si ha il permesso
di solcare, avendo poi
l'illusione che su una tavola da surf

saremo noi a controllare il mare.




PENNA NERA

Il castigo degli scrittori,
un rogo nelle viscere
che non puoi estinguere
e non puoi ignorare,

ma assetato di sollievo,
devi sputarlo fuori,
anche se trascinerà con sé

un frammento del tuo intimo
coltivato nella solitudine,
ora giudicato, criticato, elogiato
ma tu dovevi solo liberartene,
rendendo il veleno inchiostro.
Perché la maledizione
non è non riuscire più a scrivere
ma non poterne fare a meno.

Per questo mi trovo qui,
la penna scorre sul foglio
macchiandone la verginità,

al prezzo del mio pudore.




Chimere
 
 
Ride la terra sotto la pioggia arrabbiata,
dal calamaio dei poeti
con delle impronte dei lampi dissoluti
scorrono parole venute come dai merli di pietra
supplicando clemenza ai nostri occhi - veri sentieri fra le albe dispari.
Alle porte di terra le spade che tengono le lame nella guaina
dipanano con la loro punta amputata i gomitoli delle offerte,
da una parte tiene l’ombra tradita dal tempo
dall’altro tirano le chimere indebolite di poteri,
il capo è un giudice troppo avido per i tempi di crisi
misurando la distanza come un vero toreador,
solo alla raccolta dei sudori è andato!
Crescono i nostri tormenti! Crescono...









Certo che i vetri delle porte del bar a La Quiete,
potrebbero anche pulirli, ogni tanto!

 Non ti viene nemmeno voglia di guardare dentro
 e, credo, a chi è dentro
sia passata anche la voglia di guardare fuori.

Ma forse non è un caso,
forse lo fanno di proposito,
 un modo come un altro per travisare la realtà.

Come anche vedere
quella vecchia decorazione natalizia,
lì, sopra la porta,

adesso, che è piena estate.



Camera

Un tempo correvi per non farti lasciare
indietro dai raggi di sole, adesso

occhi fissi in mezzo al cieco
sussurrare della luce,

tieni il mio corpo ritto,
fiducioso, le labbra

risvegliate al sapore
di cristalli disciolti,

ad ascoltare il sibilo
e lo scricchiolio, per avvolgermi

arrancando sulla traccia
appena illuminata – convocati

al profondo, la guida
ci ha portati dentro da lontano

non accetta rifiuto, l’ascensore
ingrana per risalire in superficie.












La lezione del scrivere

La nostra vita scorre
sotto il peso del cielo
più profonda delle oscurità degli oceani,
La solitudine fa stendere le corde nelle foreste,
Le grotte fanno suonare i pianoforti,
a volte la luna passa
e la storia della terra
si fa canzone.
Dai mari senza fine e
dal mondo senza sogni e
dal suono del tempo
si fa la voce del niente.
Il poeta sussura la canzone
che l'animo
canticchia
con la sua voce.

Il verso dai colori
ricrea il fiore
collocandolo nel cammino di Dio
per farlo uccello.

La gente lo guarda volare.
E si mette a pensare.



menzione speciale

sezione C - poesia inedita straniera

Enea Gela - Romania

è duro essere donna

soprattutto  una donna incinta
la nausea si insinua in te e nelle cose
che tocchi
la stanchezza ti fa prigioniera del sonno dall’unico incubo
-  non poter partorire dio tutto intero -
oggi/ una mano
domani/ gli occhi
dopodomani/ il cuore
e sempre così
lui non piange alla nascita come un bambino sano
come  metterlo al seno come chiamarlo
e se lo vuoi cullare
come si fa ?
è duro essere donna
affondi nelle acque
il giro del minuto di malessere è lo stesso
a volte accadono aborti
 la tua respirazione cambia in bolle che scoppiano
paghi
per il latte che preme nei capezzoli
paghi
per la voglia di tenere nelle braccia qualcuno
paghi perché sei donna
e  non puoi partorire dio tutto intero








Da anni i libri esprimono il suo valore.
A volte la penna della filosofia descrive con maestria 
dell’arte, dell’architettura, delle invenzioni 
che senza paragoni ha cambiato il volto del mondo
e ha dato un colore nuovo anche al cielo.
Io cercavo in quel cielo
la mia stella che i libri non devono più raccontare la lingua deve recitare.

È una patria dove l’acqua ruba il sonno negli occhi. 
È una patria dove l’aria fa pronti i seni per mille respiri in un secondo.
È una patria che attrae ogni sguardo per la sua bellezza.
È una patria che fa parlare il muto che ha mille parole nel cuore. 
È una patria che fa innamorare chi non ha ancora incontrato l’amore.
È una patria dove le donne cancellano lo sguardo con la purezza del cuore
e la bellezza del viso. 
È una patria di uomini ai quali tutto il mondo è grato per ciò che hanno fatto nel tempo.
È una patria che quando la vedi ti perdi, la terra non è piatta, ma un’altalena di pianure, 
colline e montagne, fiumi, aghi e mari, sempre diversa ma per sempre tranquilla. 

È una patria dove la grandezza del cuore diventa piccola al suo incontro 
e le parole rompono i muri e la sua porta e fanno nuvole forti, 
come gli scudi ma più dolci della brezza del mattino,
come uccelli delusi ma liberi di volare, come gocce infetti di noi
ma capaci di generare vita sulla terra, 
come stelle nascoste ma luminose come le stelle cadenti.

È una patria da amare.
Per chi è nato nella conoscenza e nell’arte.
Per chi è diventato vagabondo per la libertà.
Per chi ha chiesto il paradiso sulla terra.
Per chi ha detto addio all’inferno della guerra. 
Sei una grande patria 
Lo so che le mie parole in confronto a te sono piccole come una goccia nel mare.
Ma amo dire che io sono una goccia e tu il mare, perché le gocce vogliono aggiungersi al mare, 
non il mare alle gocce.


menzione speciale

sezione C - poesia inedita straniera

Ioan Grapinoiu  - Romania


Guarda come nevica, come un segno
Di gioia per i bambini
L’acqua diventata bianche cristalle 
Dal freddo dell’autunno tardivo ...
E’ tempo della melanconia che lascia
Sul viso un sorriso o no
E l'aroma di una torta matura nel focolare,
Vieni qui, divertiti.
Prendiamo una tazza di tè, mangiamo una mela cotogna,
Una mela, forse una noce
O un bacio
Con gusto del... partire

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